I farmaci usati nella chemioterapia uccidono le cellule tumorali sabotando la riproduzione cellulare, e in particolar modo interferendo con la salute e il benessere del DNA.
Gli antimetaboliti, ad esempio, sono imitazioni quasi perfette delle basi, che inceppano i macchinari – fatti di proteine – necessari alla fabbricazione del DNA.
Gli agenti alchilanti invece funzionano come gomme da masticare che si attaccano al DNA, introducendo delle mutazioni.
Il problema della chemioterapia è che anche le normali cellule del nostro corpo che si riproducono rapidamente possono subirne pesantemente gli effetti negativi.
Usare la chemioterapia per combattere un tumore è come gettare diserbante su una foresta infestata da una pianta parassita che la sta soffocando: se tutto va bene, la pianta infestante viene eliminata; ma il trattamento non fa tanto bene neanche al resto del bosco.
Vignetta realizzata da Danilo Battaglia per biocomiche.it |
Tuttavia, qualche tempo dopo il trattamento che ha ucciso il rampicante, ma anche danneggiato la foresta, le piante rovinate rinverdiscono e ricominciano a crescere.
Così anche le radici dei peli, indebolite dalla chemioterapia, riprendono vita e fanno spuntare nuovi capelli; mentre le cellule del sangue e dell’intestino ricominciano a crescere e ripopolano i rispettivi territori.
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