Risalenti in buona parte all'epoca d'oro della chimica militare (la prima guerra mondiale), i gas lacrimogeni sono considerati attualmente armi chimiche e sono quindi proibiti per scopi militari; ma vengono usati abitualmente dalle polizie di tutto il mondo per ragioni di ordine pubblico.
Della lunga lista di sostanze con effetto lacrimogeno, quella attualmente più utilizzata (in dotazione anche alla polizia italiana) è il gas CS. Questo – come gli altri lacrimogeni moderni – non è propriamente un gas, ma una sostanza solida ridotta in polvere, che viene emessa insieme al caratteristico fumo bianco dalle bombe lacrimogene.
In quanto "strumento di dissuasione", un gas lacrimogeno deve avere due requisiti fondamentali:
1) Deve disperdere la folla. Lo scopo dei lacrimogeni infatti non sarebbe tanto quello di provocare dolore (direttamente o attraverso l'intermediazione di un manganello), ma piuttosto di spingere la gente a fuggire verso zone dove l'aria è più pulita.
Il gas CS assolve perfettamente questa funzione, perché causa in pochi secondi una irritazione insopportabile di occhi, naso e gola, che si gonfiano e iniziano a produrre i rispettivi liquidi di competenza (lacrime, moccolo e saliva), mentre le palpebre si chiudono di scatto (per un meccanismo automatico di protezione) e i polmoni si contraggono. Basta uscire dall'area contaminata per provare sollievo, anche se i sintomi possono durare per mezz'ora o anche un'ora dopo l'esposizione.
2) Visto che serve solo a dissuadere, un gas lacrimogeno non dovrebbe causare conseguenze serie e/o durature e soprattutto non dovrebbe uccidere: il gas CS, a differenza di altri lacrimogeni, soddisfa di solito questi requisiti. In condizioni particolari però – quando lo si usa in ambienti chiusi (il che sarebbe da evitare) e in condizioni di grande calore e umidità – può provocare bruciature alla pelle e seri problemi agli occhi.
Come altre sostanze irritanti, il gas CS e gli altri lacrimogeni agiscono più a livello del cervello che degli organi colpiti. Il principio attivo del CS, infatti, si aggancia a una proteina che si trova nei nervi degli occhi e dell'apparato respiratorio, dalla quale viene riconosciuto come nocivo. L'attivazione di questa proteina scatena una risposta fatta di dolore (per spingerci alla fuga) ed emissione di liquidi (per lavare via la sostanza irritante).
Chi ha avuto la fortuna di partecipare (volente o nolente) ad una classica battaglia da stadio o a una protesta "NO COSO" finita male, lo sa bene: essere vittima di un gas lacrimogeno non è un'esperienza piacevole.
di Marco Marilungo |
Siccome i lacrimogeni non sono gas ma polveri, è possibile evitare (almeno in parte) di respirarli usando una mascherina antismog o meglio ancora una maschera per verniciatura (che è più figa perché fa molto guerra batteriologica); questo però non offre alcuna protezione agli occhi, a meno che non aggiungiate al travestimento anche degli occhialini da piscina.
C'è poi tutta una serie di rimedi "chimici" casalinghi: si va dallo shampoo per bambini al latte (per lavare via i residui di gas), dalla kefiah inumidita con succo di limone a una soluzione diluita di Maalox (un farmaco antiacido) da spruzzarsi in bocca e sugli occhi prima dell'azione.
Ci sono seri dubbi sull'utilità di questi rimedi, alcuni dei quali sono stati testati scientificamente con risultati sconfortanti.
Funzionano davvero, invece, quelle sostanze (dette inibitori) che impediscono alla proteina che riconosce il gas lacrimogeno di attivarsi e inviare il segnale d'allarme al cervello. Questa proteina si chiama TRPA1 e si attiva moderatamente anche quando mangiamo aglio, senape o wasabi, causando la caratteristica sensazione di pizzicore.
I topolini a cui vengono somministrati inibitori di TRPA1 resistono ai gas lacrimogeni senza battere ciglio.
Per sfortuna delle primavere e dei primaveristi di tutto il mondo, non esistono inibitori di TRPA1 attualmente in commercio, anche se ce ne sono un paio nelle prime fasi di sperimentazione clinica.
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